Il nostro sostegno alla “Sfattoria degli ultimi”

Il nostro sostegno alla “Sfattoria degli ultimi”

Anche gli animalisti muggesani sono scesi in piazza per supportare la causa della “Sfattoria degli ultimi”, l’incredibile storia di animali liberati in un rifugio, che rischiano di esser uccisi dalla burocrazia.

Nel rifugio per animali, sito alle porte di Roma, sono presenti molteplici animali liberati da situazioni di degrado e di dominazione umana. Tra questi ci sono ben 140 suini tra maiali salvati da allevamenti abusivi e cinghiali inurbati e recuperati prima che fossero abbattuti dalle istituzioni o investiti e curati nella struttura.

La “Sfattoria degli Ultimi”

Il calvario del rifugio è iniziato l’8 agosto scorso quando un provvedimento dell’Azienda Sanitaria ha ordinato l’abbattimento di tutti i 140 suini presenti nel rifugio, come misura di prevenzione alla diffusione della peste suina. Il paradosso è che nel rifugio non è attivo un focolaio di PSA (Peste Suina).

Nella riserva naturale dell’Insugherata a circa 15 km dalla “Sfattoria degli Ultimi” sono stati individuati quattro casi di cinghiali deceduti a seguito dell’infezione da PSE (Peste Suina). Il Commissario Straordinario per l’emergenza, Angelo Ferrari, ha quindi individuato un’area cosiddetta “Rossa” dove rinforzare le misure di biosicurezza. La storia ricalca gli eventi accaduti in occasione della pandemia da Covid-19, dove le aree a maggiore diffusione sono state oggetto di provvedimenti forti verso la popolazione, ma di certo non così drastici da prevedere che qualcuno venisse ucciso.

“Gli animali nel rifugio sono controllati e sani” fanno sapere dal rifugio, “Non c’è nessun motivo per abbatterli sono qui perché abbiamo dato loro una seconda chance”. I volontari stavano lavorando per depositare al Tribunale Amministrativo una perizia sul rispetto delle norme di biosicurezza, quando il TAR ha accorciato le tempistiche fornite in un primo momento.

Le associazioni animaliste si sono schierate unite, sia da un punto di vista legale che politico. La Lav ha messo a disposizione il suo team di avvocati, ed associazioni quali  Enpa, Leal, Leidaa, Lndc, Oipa, e Tda hanno sottoscritto una nota chiedendo di dar tempo al rifugio di presentare tutta la documentazione difensiva.

Anche un gruppo di animalisti triestini si sono trovati il 18 agosto in piazza della Borsa a Trieste per manifestare il dissenso a questo provvedimento che, a loro dire, rappresenta la cieca applicazione di norme speciste. La richiesta corale è quella che le istituzioni intervengano per rivalutare tutte le misure per il controllo della diffusione della PSE per i suini, non solo per la Sfattoria e per tutti quelli che stanno nelle zone rosse d’Italia. “L’uccisione di animali, non può essere contemplata come misura per ridurre il contagio” ribadisce Cristian Bacci, presidente di MujaVeg “la PSA non è una zoonosi, questo vuol dire che non può infettare gli umani, è quindi assurdo che per “salvare” i suini da un virus che potrebbe portare alla morte naturale di alcuni di loro si decida per un’uccisione di massa”

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